L’ultimo scempio partorito da una delle istituzioni di questo paese ci spinge a qualche riflessione (o se volete…sfogo). Qual è il significato della nuova norma sfornata dal Consiglio Federale che riduce da due ad uno i posti a disposizioni per i nuovi giocatori extra-comunitari nelle squadre della nostra serie A? Per quanto ci si sforzi, non si riesce a trovare una sola giustificazione valida. Tra le altre cose, il fatto che tale norma entri in vigore dalla stagione in corso rende ancora più cervellotica tale scelta: in pieno calcio mercato, in uno scenario dove non gira il becco di un quattrino e le società sono chiamate a sforzi sovraumani “di fantasia mercantile” , questi signori decidono che le nuove regole debbano valere sin da subito, cambiando di fatto le regole del gioco in corso d’opera e mandando in frantumi qualche centinaio di trattative in corso e le relative strategie di molte squadre. A che pro? Beh, ufficialmente è una scelta che serve a tutelare il calcio italiano, riducendo il numero dei calciatori stranieri che militano nel nostro campionato italiano, favorendo la crescita dei nostri vivai (peraltro infarciti da ragazzini che della nostra lingua non conoscono una sola parola) e, quindi, favorire la crescita dei giocatori nostrani che possono portare ad un innalzamento del livello della nostra Nazionale maggiore. Tutte balle! La demagogica norma serve solo a giustificare la Federazione dal completo fallimento della spedizione azzurra nella competizione iridata in Sudafrica. In un girone in cui “sfidavamo” il Paraguay (31° posto del ranking Fifa), la Slovacchia (34°) e Nuova Zelanda (78°), per passare il turno “dovevano bastare” le larve italiche che ci siamo portati fin la giù, indipendentemente dal numero di extra-comunitari che militano nel nostro campionato. Lo stato del nostro calcio non si risolleva applicando dei palliativi di questo genere: non si cura un malato in uno stato di coma somministrandogli un’aspirina! La ripresa del nostro movimento si otterrà attraverso una ri-organizzazione del sistema che deve partire da un punto fermo, irrinunciabile, cioè l’azzeramento totale dei vertici federali. All’alba del più grande disastro calcistico della storia della nostra Nazionale (in confronto, lo smacco coreano è roba da ridere), la cosa più dignitosa che il Presidente Abete potesse fare era rassegnare le propri dimissioni, e con lui la giunta al completo. Abete, tra l’altro, in Federazione non doveva più esserci almeno dal 2006 (allora era vice-presidente), e cioè dallo scandalo di Calciopoli che coinvolse, tra gli altri, gran parte dei vertici federali (Carraro e Mazzini su tutti). Il Presidente avrebbe dovuto togliere il disturbo all’indomani della sconfitta con la Slovacchia anche per un altro motivo: aveva cacciato a calci nel sedere il CT Roberto Donadoni dopo l’eliminazione ai rigori nei quarti dell’Europeo contro la Spagna (sì caro Presidente, la stessa squadra che domenica si giocherà il titolo Mondiale) in quanto unico responsabile di tale debacle, ed aveva trionfalmente richiamato a capo delle truppe il CT campione del mondo Marcello Lippi, il salvatore della patria. Dopo questa figuraccia mondiale, caro Abete, il minimo che poteva fare era assumersi completamente le responsabilità di tale scelta e lasciare ad altri più capaci il proprio incarico. Ma dato che quello del dimettersi, anche in situazioni di palese colpa, è in assoluto lo sport meno praticato nel nostro paese, allora ci teniamo “il politicamente raccomandato” Giancarlo Abete (basta leggere il suo curriculum vitae)
con tutto il suo glorioso staff. Ma cosa volete e pretendete dal Presidente Federale? La colpa non sarà mica sua? La colpa è dell’invasione del nostro paese da parte di giocatori extra-comunitari! E mentre il resto delle nazioni europee progredisce attraverso l’equiparazione degli indigeni con i naturalizzati nati e cresciuti in quei paesi (la Germania ne è il più clamoroso esempio), l’Italia si avvita su se stessa assumendo posizioni a dir poco retrò. La realtà è ben diversa ed amara: tutto ciò che viene fatto non ha come obiettivo quello di riformare il calcio italiano e di farlo progredire, tutto ciò che viene fatto ha come unico obiettivo quello di far conservare le poltrone ai soliti noti. Abete, essendo un politico, ha sicuramente studiato il manuale adottato da chi intende fare quel mestiere, e cioè il Gattopardo di Tomasi di Lampedusa, dove viene insegnato che “bisogna cambiare tutto, per non cambiare nulla”. Mi direte: ma se un politico a capo della Federazione calcio decide di non andarsene con le sue gambe perché non vuole mollare quella poltrona qualunque cosa succeda, non sarebbe il caso che a prendere tale decisione ci pensasse “il suo capo”? Peccato che il suo capo sia il Presidente del Coni Gianni Petrucci, che se possibile è ancora più attaccato alle poltrone di quanto lo sia Abete. Petrucci è uno che da anni fa di mestiere quello di “essere nominato” a ricoprire il maggior numero di ruoli possibili nell’ambito dello sport italiano. Quando hai dei santi in paradiso puoi permetterti di ricoprire tutti i ruoli senza dover mai dare conto dei risultati a nessuno, perché altrimenti non si spiega come mai Gianni Petrucci sia ancora a capo del Coni nonostante abbia “il merito” di aver portato alla rovina lo sport italiano. Pensiamoci bene: da quando è a capo del Coni (1999), l’Italia ha costantemente perso posizioni nei medaglieri delle Olimpiadi Estive ed Invernali, perdendo il 20% delle medaglie da Atlanta a Pechino (di cui quasi il 40% in meno di medaglie d’oro) ed il 50% delle medaglie da Nagano a Vancouver (dove abbiamo vinto una sola medaglia d’oro...per sbaglio e all'ultimo giorno...sic). Solo numero di medaglie? Certo che no! A livello di sport di squadra non siamo più competitivi là dove siamo stati tra primi per anni (calcio, basket, pallavolo e pallanuoto) e non siamo progrediti per niente in altri (rugby); siamo anche riusciti nella prodezza di far calare il rendimento di movimenti dove storicamente non avevamo rivali (scherma). Se non fosse per le prodezze individuali di qualche donna “cazzuta” (Pellegrini, Filippi, Schiavone, Pennetta e Vezzali) saremmo veramente alla frutta! Ma se ne chiedete conto a Gianni Petrucci state sicuri che vi convincerà che la colpa non è sua. Come può allora licenziare “un presidente di Federazione” (Abete) chi già da tempo avrebbe dovuto “essere licenziato” (Petrucci)? Eh lo so, il Presidente del Coni potrebbe “licenziarlo” solo qualche politico, ma startene certi, a questo non ci penserà nessuno. Piuttosto si provvederà a prendere dei finti provvedimenti che non serviranno a migliorare niente, perché “bisogna cambiare tutto, per non cambiare nulla”.
Gianpiero Sabato
“LA COLPA NON E’ MIA….LA POLTRONA SI’!”
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