Bella domanda,
certo nessuno si poteva aspettare un inizio del genere.
I problemi del Milan sono tanti e da essi dipendono le nostre difficoltà.
Come in ogni cosa bisognerebbe partire dalla genesi, ossia dall'ultima giornata di campionato, quella in cui salutammo con affetto i due brasiliani col sorriso e ci ritrovammo a dover programmare una stagione in cui ci saremmo misurati in campionato e in coppa Uefa.
Provo un attimo a entrare nella testa dei nostri dirigenti per capire come abbiano ragionato.
Sono certo che Adebayor sia stato uno dei primissimi nomi ai quali si era pensato per dare al Milan una fisionomia più concreta e scorbutica.
L'alta quotazione del togolese ha fatto virare la scelta su Ronaldinho in ottemperanza di un ragionamento molto semplice: come Ancelotti è stato bravo nell'estate del 2002, a trasformare una rosa male assortita in una ricchezza, sfruttando appieno il talento di tutti, così sarà altrettanto bravo a farlo anche quest'anno.
In teoria un ragionamento che ci può stare.
Nella pratica però le difficoltà di questa scelta hanno delle cause e delle concause ben precise.
Vediamo di esaminarle in maniera tranquilla, senza catastrofismi nè alibi.
Il primo problema è rappresentato dal fatto che abbiamo tanti giocatori che hanno un chilometraggio altissimo.
Dal 2002 ad oggi, Nesta, Pirlo, Gattuso, Seedorf, Zambrotta hanno giocato un numero di partite stimabile intorno alle 50 all'anno.
Chiaro che, trattandosi dell'asse portante della squadra, siano meno efficienti dal punto di vista fisico e meno pronti a sostenere certi sforzi a distanza di pochi giorni.
Altro problema è rappresentato dal fatto che abbiamo in seno alla squadra un equivoco tattico irrisolto.
Il Milan del 2002 nasce come squadra basata sul possesso palla e sullo sfinimento dell'avversario.
Quel Milan un anno dopo mutò in parte le sue caratteristiche, travolto dall'innesto di Kakà, giocatore che dà il meglio di se con i ritmi alti.
Tutt'oggi non abbiamo fatto ancora una scelta precisa.
Siamo una squadra che dovrebbe assecondare maggiormente le caratteristiche del nostro miglior giocatore e invece giochiamo quasi sempre con l'abete, uno schema che può andar bene in partite in cui vuoi amministrare, non in partite in cui devi importi.
E' quello schema uno dei nostri problemi principali.
Oggi il Milan ha una squadra con un tasso di talento enorme.
L'allenatore dovrebbe assecondare questa vena offensiva, con un modulo spregiudicato, rischioso e con un atteggiamento spavaldo, mai pauroso, capace di mettere all'angolo l'avversario.
Io non condivido il discorso per il quale siccome siamo in una situazione di difficoltà dobbiamo fare una squadra abbottonata. Mi sa tanto di palliativo, di pilloletta addolcita che ti regala una notte serena ma che non ti fa passare la malattia.
Questo Milan è prigioniero di troppe paure.
Per questo non va in campo con il necessario atteggiamento iperoffensivo.
Si è detto che esiste una via alternativa alla vittoria di uno scudetto.
Si può anche vincere con una squadra che non ha una forte componente di fisicità.
Si dice questo.
Io lo condivido in parte.
Però, mi chiedo, se ci si crede davvero nella possibilità di vincere giocando bene allora assecondiamo fino in fondo questa idea.
Non c'è altra via.
Questa squadra non ha una difesa bunker.
Per averla dovrebbe mettere due mediani a protezione della difesa, stile Juve tanto per gradire.
Oppure dovrebbe avere un grandissimo leader difensivo, stile Franco Baresi dei bei tempi.
Non ha nemmeno questo.
E allora perchè non salire la linea e giocare più su?
Perchè non scegliere di attaccare la palla alta?
Recuperando alta la palla mandiamo a nozze Kakà e Dinho.
E' su questo che dobbiamo puntare.
Stare corti, stare bene in campo, stare sul pezzo, avere attenzione feroce.
Ma io queste cose devo chiederle per forza all'allenatore.
E' lui che è il responsabile dell'atteggiamento della squadra.
E' lui che risponde di come una squadra gioca.
Io rimpiango il Milan 2003-2004 perchè era un Milan libero di testa che giocava per il gusto di giocare e di piacere alla gente.
Si poteva anche non vincere ma lo stadio avrebbe applaudito.
Vi ricordate Milan Sampdoria del marzo 2004?
Stavamo avanti 1-0 e prendiamo un gol in contropiede!
Eppure ci ricomponiamo e subito Pancaro mette in mezzo per Pippo e gol... 2-1.. senza paura nè timori.
Quello era un Milan forte, che era cosciente di esserlo.
Era un Milan che sapeva di piacere.
Questo è un Milan invece che si guarda di sbircio allo specchio prima di uscire con la ragazza dei sogni e che si chiede troppe volte se le piacerà.
La mia terapia è quella d'urto.
La mia terapia è quella per la quale la paura va affrontata guardandola negli occhi.
E' vero che abbiamo dei problemi tattici.
E' altrettanto vero che possiamo risolverli col lavoro.
Ma qui c'è bisogno di uno shock.
Servirebbe un allenatore che vada dai suoi giocatori e gli metta in testa che sono i migliori e che devono fare novanta minuti ogni domenica in cui hanno ferocia agonistica unita a voglia di stupire.
Al diavolo insomma alberi di natale e atteggiamenti difensivi.
Andiamo in campo a mostrare l'artiglieria.
Ma secondo voi abbiamo da un anno problemi con le piccole in casa solo per problemi tattici?
Anche per quello senza dubbio, ma l'errore fondamentale sta nel fatto che non scendiamo in campo avvelenati, con l'idea di mettere l'avversario alle corde e di impaurirlo già ai primi minuti.
E' quello l'errore di base. Se vogliamo vincere e convincere non possiamo fare paura delle piccole squadre o di un handicap in classifica. Per me esiste una via, che è quella del coraggio.
Una via che, onestamente, non so se può farci vincere sicuramente, perchè abbiamo degli equivoci in seno alla squadra e perchè l'età media nostra è un pò alta per fare un calcio di un certo tipo.
Ma è una via, sono certo, che ci può far essere competitivi e può farci divertire.
Occorre però capirlo e sposare in pieno quest'idea.
Nessuna idea è perfetta.
Questa ha un suo fascino e una sua iperbolica tendenza al rischio.
Ma il tempo del possesso palla sotto ritmo è finito da un pò.
Dobbiamo cambiare.
E farlo anche alla svelta
Che succede ?
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