Il miracolo di Leo

Scrivo stuzzicato dal "facciamo il punto" di Max Rc di questa settimana ( che vi invito a leggere, basta cliccare  QUI ).

La questione sollevata è molto interessante: come valutare, fin qui ovviamente, la prima stagione da allenatore di Leonardo?

La disamina critica di Max è largamente condivisibile, almeno per ciò che riguarda la gestione delle grandi partite, e l'approccio troppo dogmatico al calcio. Appoggio meno, devo dire, la parte riguardante Flamini.

Come possa questo giocatore entusiasmare alcuni addetti ai lavori, in primis Buffa e soprattutto Ghisi, per me rimane un mistero. Raramente ho visto in vita mia un giocatore con così poco autocontrollo, un giocatore che rimedia un giallo a partita e che non prende rossi a valanga solo perchè gioca in una grande squadra. Alcuni dei suoi interventi tra l'altro non sono frutto solo di eccessiva foga, ma proprio di cattiveria; non è raro vedergli alzare il piede all'ultimo secondo col deliberato scopo di far male, di "segnare il territorio". Questo farà sorridere gli ammiratori del "fight club", ma allora piantiamola con le ipocrisie sui Montero, i Materazzi e i Felipe Melo, alcuni dei massimi esponenti della stirpe a cui appartiene Flamini. Non è che i fabbri degli altri quando giocano da noi diventano simpatici agonisti: sempre di stronca-carriere si tratta.
Dice "però quanto corre...". Si, ma allora candidiamo i gemelli Filippini al pallone d'oro. Tira bene, dicono, ma ha fatto un gol in 65 presenze con la nostra maglia. Se lui tira bene, Gerrard e Lampard cosa fanno?
E' un buon centrocampista Mathieu, discretamente completo, ma del tutto inaffidabile e privo di vette di eccellenza: farebbe panchina fissa in tutte le grandi squadre inglesi e spagnole.

Tornando a Leo, comunque, io sono d'accordo con Max quando dice che il valore oggettivo di questa rosa non è basso come si dice, e d'altronde a settembre avevo scritto che questa squadra era da terzo posto in campionato e poteva battere il Real in Champions, quindi figuriamoci se ritengo il nostro secondo posto attuale (frutto del crollo della Juve) un evento fuori dal mondo.

Il punto però, a mio giudizio, è un altro: non possiamo dimenticare qual è il terreno di coltura in cui è nata questa stagione.

A giugno, fra mille bugie presidenziali, telefonate mai fatte e fiumi di lacrime, Kakà viene impacchettato e spedito fra le braccia di Florentino Perez. La sua presentazione al Bernabeu è una coltellata per tutti i milanisti.

Intanto, Maldini lascia il calcio in una desolante conferenza stampa a San Siro, abbandonato dai dirigenti rossoneri, nella quale Paolo sentenzia che per questo Milan senza Kakà vincere la Champions è pura utopia.

I soldi saranno reinvestiti, si dice, e si parte subito con i 15 mln per il promettentissimo terzino Cissokho. A quel punto, lo scandaloso retro-front: scartato alle visite mediche per motivi odontoiatrici, mentre però anche i canali di informazione vicini alla società fanno filtrare che è tutta una balla, e che semplicemente Berlusconi ha stoppato tutto per risparmiare.

Come dimenticare poi la mitica pantomima davanti a un seggio, quando Silvio e un vecchietto si esibiscono in uno splendido duetto sputtanando Andrea Pirlo in piazza (Andrea Pirlo, colonna portante del Milan di Manchester e Atene, mica Ricardo Oliveira).

Nel frattempo sui giornali fioccano le interviste agli esponenti della famiglia Berlusconi, i quali uno dopo l'altro fanno capire che del Milan ormai importa giusto a Galliani. Contestualmente, si fanno sempre più insistenti le voci di una società in vendita, e veniamo sballottati un giorno dall'emiro, un giorno dal cioccolataio e un giorno dall'albanese che non parla.

Dice un acquisto lo faremo, Dio santo. Da San Paolo fanno sapere che per Hernanes le nostre casse di banane non sono ben accette, Dzeko dopo una estenuante telenovela decide di non forzare troppo la mano e resta dove sta, O Fabuloso costa troppo, si ripiega su Huntelaar, annunciato da Berlusconi in un vertice a Milanello come "il bomber che serviva", quando solo pochi giorni dopo dice "Huntelaar? Non lo conosco". Non contento, alla prima uscita stagionale a Varese parla di Zigone, Pirli, Ziidorvs e Borrelli come i nuovi punti di forza del post-Kakà, mentre Dinho fa promesse arrampicato sui tavolini.

La società per racimolare una manciata di euro in più, espone la squadra ad una tournée estiva assolutamente folle, costringendoci alla più umiliante serie di amichevoli estive della storia rossonera. E, dulcis in fundo, alla seconda giornata l'Inter ci stritola nel derby.

Non ricordo un'estate altrettanto sconvolgente e traumatica per una squadra di calcio e i suoi tifosi. Ce ne era abbastanza per stendere chiunque. Un Lippi, per esempio, si sarebbe probabilmente dimesso già ad agosto, quando la società non sapeva più dove sbattere la testa per vendere Oddo, visto che senza la sua cessione non intendeva acquistare nessun altro terzino.

La squadra, anche se ancora intrisa del suo vecchio valore, era col morale sotto i tacchi, e i tifosi disertavano lo stadio.

E' lì che sta il miracolo di Leonardo: non nell'aver condotto al secondo/terzo posto una squadra da secondo/terzo posto. Ma nell'aver disinnescato una stagione che era una bomba pronta a far implodere il Milan dal suo interno.

1 commenti:

Max Basten ha detto...

Ricostruzione "storica" ineccepibile.
La zavorra che hai ben descritto, infatti, ci è costata la falsa partenza e abbiamo dovuto aspettare metà ottobre per metterci in moto. Merito, soprattutto, delle innegabili qualità umane di Leonardo, il quale, però, ha dimostrato più volte in modo altrettanto innegabile la sua inesperienza.
Alla fine anche il bilancio tecnico (non solo quello economico) può considerarsi in pareggio, cioè in linea con quanto era lecito aspettarsi viste le risorse umane disponibili.
La situazione di classifica che ci ha fatto sperare nel colpaccio è più figlia della frenata nerazzurra (-9 rispetto alla 30^ giornata nello scorso campionato) che di un nostro salto di qualità (+1), un rendimento paragonabile a quello dello scorso campionato.
Su Matteo tendo a essere più indulgente. Un suo maggiore utilizzo, che auspico, potrebbe trasmettergli quell'equilibrio e quella tranquillità necessari a smorzare i suoi eccessi agonistici, ma è solo un mio parere, e comprendo le perplessità espresse da altri.

 
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