Il giorno più lungo

Sono ore angoscianti.
Essere innocenti,
essere la squadra che ha subito due scippi in Italia
negli ultimi due anni,
essere la prima squadra europea
e dover subire un processo
per un'accusa infondata ed infamante... fa male.
Si arriva presino al ridicolo di sperare in una sanzione leggera...
Tutto questo perchè ?
Perchè il nostro Presidente si chiama Silvio Berlusconi ?
Perchè abbiamo sempre cercato di vincere attraverso il bel gioco ?
Perchè le nostre "glorie" anzichè andare in TV a fare gli opinionisti
insegnano Calcio sul campo ?
Perchè, nonostante sconfitti per il secondo anno,
i tifosi rossoneri applaudono la propria squadra ?
Forse la nostra forza è proprio qua,
siamo irraggiungibili dagli altri
e per questo meritiamo,
visto che non possono avvicinarci sul campo,
di essere ostacolati in tutti i modi.
Mi piace aspettare questa "loro sentenza"
con le parole del nostro Presidente
che, già allora, aveva visto lontano.

La lettera che il presidente Berlusconi scrisse nella notte fra il 17 e il 18 dicembre 1989 poche ore dopo la vittoria della prima Coppa Intercontinentale della sua gestione a Tokyo, contro il Nacional Medellin per 1-0.
“Questa immagine del Milan campione d’Europa e del mondo allo scoccare dei suoi 90 anni, si fonde e si confonde in me con tanti ricordi della mia infanzia. Le dispute con i compagni di scuola, le lunghe ore di studio, l’attesa di mio padre che tornava tardi dal lavoro e si affacciava alla porta col suo sorriso. Era come se in casa fosse entrato il sole. Carissimo, dolcissimo papà. E con lui, dopo aver parlato dello studio e della scuola, subito a parlare del Milan, quasi fosse l’incarnazione dei nostri sogni e della nostre utopie. Vedrai papà, vinceremo, dobbiamo vincere; e poi la liturgia della messa insieme, la domenica mattina, i commenti e le riflessioni sulla predica, poi la puntata a comprare le meringhe per la mamma che ci aspettava a casa, in cucina, per preparare il pranzo della festa, l’unico che si consumava in sala da pranzo, con la tovaglia ricamata e i fiori in mezzo al tavolo. E io sempre, durante il pranzo, a chiedere loro impaziente, timoroso di fare tardi. E finalmente, mano nella mano, eccoci là, all’entrata dello stadio, all’Arena o a San Siro, e io a farmi piccolo piccolo per profittare di un solo biglietto in due. E poi il cuore in gola per l’attesa, le braccia al collo per le vittorie, la tristezza per le partite no; e mio padre a consolarmi: “Vedrai ci rifaremo”. Caro, vecchio adorabile Milan…il Milan dei Pulicelli, dei Carapellese, dei Tosolini, dei Gimona, che non era riuscito a vincere niente di importante. Caro papà, dalle notti in bianco col lavoro portato a casa per far quadrare il bilancio di una famiglia del dopoguerra, com’è dolce ricordarvi insieme. Nel momento del trionfo, degli osanna, della notorietà internazionale del Milan di oggi, lasciami, caro vecchio Milan, confondere la mia storia alla tua; lasciami inorgoglire per aver contribuito a farti grande e famoso, lascia che io dedichi questa vittoria, che i campioni rossoneri dal campo hanno voluto dedicarmi, a chi nei momenti più difficili vi consolava e vi incitava. Chi crede, vince. Vedrai, ce la faremo. Ce l’abbiamo fatta. Domani sogneremo altri traguardi, inventeremo altre sfide, cercheremo altre vittorie, che valgano a realizzare ciò che di buono, di forte e di vero c’è in noi, in tutti noi, che abbiamo avuto questa ventura di intrecciare la nostra storia e la nostra vita a un sogno che si chiama Milan”.

Forza vecchio cuore
come al solito, comunque vada,

ci rialzeremo !

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