Kakà... e noi

il nostro amico MaxRC entrerà presto a far parte
della redazione di questo Blog
Nell'attesa che espleti tutte le formalità per l'abilitazione
(come già fatto dagli amici Guglielmo e Piero)
pubblichiamo, come da accordi,
un suo parere sull' "affare Kakà"

Il day after è sempre il più strano.
Metabolizzare è il verbo più consono agli umori del momento.
Kakà non è più un giocatore del Milan, è andato a Madrid, sembra quasi un incubo ma la realtà sulla quale dobbiamo concentrarci è questa.

La società da qualche mese a questa parte era entrata nell’ottica di cederlo, lui voleva il Real, il padre cercava compensi importanti, Perez lo aspettava a braccia aperte.

L’incontro di queste quattro volontà ha partorito questo finale, forse scontato, certamente prevedibile.

Il problema fondamentale è capire bene questa situazione e per farlo è necessario scindere i due aspetti della vicenda, quello economico-tecnico e quello strettamente sentimentale.

In riferimento al primo aspetto è a mio avviso sbagliatissima la scelta della società di mettere Ricardo sul mercato.
Per carità un bilancio sano è importante ma sono del parere che esistessero modi diversi, più certosini magari, per rientrare dalle perdite.

Precisato infatti che la perdita di circa 67 milioni è già stata ripianata dall’azionista, è giusto e doveroso porsi l’obiettivo del pareggio di bilancio alla chiusura del prossimo esercizio.

Tuttavia credo che intraprendere la strada di uno smantellamento della squadra e di certi giocatori ormai ultratrentenni che hanno già dato il meglio della loro carriera, fosse la strada più coraggiosa e corretta da seguire.

Un fuoriclasse come Ricky non esiste e difficilmente avremo a breve in squadra un giocatore come lui.

Possiamo certamente costruire una buona squadra ma certi giocatori speciali non hanno sostituti.
Chiunque possiamo prendere non porteremo mai a casa l’essere fuoriclasse di Ricky e la sua estrema professionalità, la sua etica calcistica, il suo modo di sentire calcio e di vivere calcio.

Questo è bene saperlo, perché abbiamo perso moltissimo, qualcosa in più di un fuoriclasse.

E’ iniziato così un ciclo nuovo, con una filosofia diversa. Da oggi tutti hanno un prezzo.

E’ la crisi economica che impone questo dicono in molti, ma io credo che su questa scelta abbiano pesato molto anche alcuni errori passati della società che i nostri dirigenti farebbero bene a comprendere e a riconoscere.

La cessione di Kakà infatti non è figlia solo e soltanto della crisi economica.
Per carità sarebbe assurdo negare che essa abbia inciso, ma lo scenario va analizzato a 360 gradi e da una disamina complessiva ci si accorge quanto certi errori abbiano pesato enormemente.

Innanzitutto l’errore fondamentale è di natura tecnica:
il Milan non è mai entrato nell’ottica di costruire su Kakà la squadra che doveva costruire, una formazione veloce, capace di ribaltare il campo in pochissimi secondi, i cui tempi di uscita della palla dalla difesa fossero rapidissimi, in cui ci fosse un centravanti forte fisicamente che tenesse bassa la difesa avversaria e con un centrocampo dinamico, che attaccasse la palla presto.

Tutto questo ha fatto si che aumentassero le contraddizioni, il nostro 22 non ha mai potuto rendere pienamente e dimostrare il suo valore nelle condizioni di calcio a lui più congeniali.

Kakà col Milan ha vinto un pallone d’oro, ma per il giocatore che è, a mio parere, avrebbe potuto vincerne almeno un altro se gli fosse stata cucita addosso la squadra ideale.

La scelta di Ronaldinho a scapito di Adebayor l’estate scorsa, è stata l’emblema di questa incapacità di leggere il potenziale del Milan con Kakà messo nel suo contesto tecnico ideale.

A questo errore grave se ne sono accompagnati altri, meno dannosi forse dal punto di vista tecnico, ma terribilmente pesanti sul piano strettamente economico.

Il rinnovo del contratto a Dida per 8 milioni lordi all’anno, l’acquisto di Emerson che ha inciso sulle casse sociali per quasi 20 milioni di euro complessivi, il rinnovo del contratto a Kalac per 2 milioni e più lordi all’anno per un giocatore finito a fare il terzo portiere, sono solo degli esempi di mala gestione che hanno appesantito oltre modo il bilancio.

Oggi si è scelto di voltare pagina e si è scelto di farlo nel modo più brusco, ossia vendendo il simbolo del Milan.

E’ una scelta che può avere un senso se d’ora in avanti cambieranno anche le idee e le prospettive sul mercato, puntando su giocatori giovani e di avvenire, andandoli a prendere quando sono ancora sul punto di esplodere.

Il lato veramente negativo di questa vicenda però non è stato tanto l’addio di un simbolo come Ricky bensì il modo in cui la società ha gestito il tutto.

Sembra assurdo pensare che una società maestra di comunicazione abbia toppato proprio in quel campo, ma così è avvenuto.

Quello che i tifosi non hanno accettato è stato fondamentalmente il modo in cui si è gestita la vicenda, bisognava essere chiari già qualche mese fa sulle esigenze del Milan e su un possibile ridimensionamento.
Non è nascondendosi dietro frasi fuori luogo come “siamo il club più titolato al mondo” che si parla chiaro alla gente.

Molto spesso una professione di umiltà e di buon senso è più gradita e appropriata.

Nessuno può togliere a questa società e a questo Presidente gli enormi meriti e le grandi soddisfazioni che ci hanno dato.
La stima e l’affetto, almeno da parte mia, non sono assolutamente in discussione, ma gli errori commessi in questi anni meritano una riflessione e un’analisi piena, meritano un progetto vero che venga spiegato ai tifosi e che non sia frutto di un’estemporanea trovata del momento.

Vista poi dal lato strettamente sentimentale, questa cessione è davvero difficile da digerire perché Ricky per molti ha rappresentato qualcosa di più di un calciatore, è stato la capacità di sognare di ogni tifoso che si traduceva nelle sue accelerazioni, nelle sue giocate, nei suoi gol e nelle sue braccia levate al cielo.

Ricky è stato la magia applicata alla maglia rossonera, quel giocatore che riusciva a rendere non banale anche la giocata più semplice.

Kakà è qualcosa che va al di là del calcio e che ha segnato in maniera indelebile tutto il tifo rossonero creando un legame unico, eccezionale, quasi irripetibile.

Personalmente non ho mai amato un giocatore come ho amato Kakà.
Abituarsi al Milan senza di lui sarà difficile ma la vita va avanti.

Credo però che anche Ricky abbia sbagliato negli ultimi mesi.
Mi hanno dato un po’ fastidio le sue dichiarazioni di lunedì notte in cui spiegava di averlo fatto per il Milan.

Questo caro Ricky no, non puoi dirlo.
Perché se volevi far qualcosa per il Milan sarebbe bastato che tu ti dimezzassi l’ingaggio.
Avresti avuto un po’ di soldi in meno ma saresti diventato non solo il simbolo ma anche la bandiera di un popolo che già ti adorava.

Non lo hai fatto e non è una colpa, ma tutte le ultime dichiarazioni di amore eterno al Milan non sono state un bel copione perché la trattativa c’era da tempo, tu ne eri a conoscenza e nessuno ti ha puntato una pistola alla tempia per firmare.

Adesso cosa ci rimane?

L’amarezza è tanta ma la voglia di ripartire non deve mancare perché il Milan è qualcosa che va oltre i giocatori e perché si può creare una squadra che si gioca il campionato anche senza Kakà a patto di individuare i giocatori giusti e di avere un progetto credibile.
Purtroppo da adesso in poi in campo mancherà un po’ di magia, quella che il nostro 22 sapeva darci, accendendoci come nessuno.

Gli occhi sono ancora lucidi, ci si sente spaesati,
ma se c’è un momento
per dire
“Forza Milan”
è questo

Perché non possiamo star qui a piangerci addosso, dobbiamo ripartire, anche se è dura all’inizio, ma dobbiamo farlo,
uniti e compatti
come poche volte

Ci vuole una squadra diversa, meno fantasiosa ma con un passo più rapido, più scorbutica, con più impatto fisico e meno tocchi eleganti.
Cerchiamo di andare oltre Kakà anche se è dura ma
star qui a recriminare
per i prossimi mesi
è utile soltanto

ai nostri avversari

Forza MILAN!

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