QUO VADIS... MILAN ?


….Ma poi arrivan quei momenti in cui non si sa che dire
Quando si sa dove si é ma non dove si può andare

E dopo tante certezze e tante sicurezze

E' il momento di dubitare, sembra tutto senza valore…

Sembrano frasi dette da qualcuno che è chiamato a commentare l’attuale momento dell’AC Milan, ed invece è una strofa di una canzone di Eugenio Finardi (Dolce Italia del 1990).
Nel dover scrivere un commento sullo stato d’animo del tifoso rossonero alla fine di Luglio del 2009, mi è venuto in mente un passaggio di una canzone che ho canticchiato per molto tempo.
Il momento storico che noi tifosi rossoneri stiamo vivendo è perfettamente rispecchiato da questi versi: ci troviamo, di colpo, davanti alla rumorosa sensazione che tutte le certezze che ci hanno accompagnato per 23 anni si stiano dissolvendo durante la calda estate del 2009.
Per più di vent’anni siamo stati abituati a non prendere i considerazioni le offerte dei migliori club d’Italia e d’Europa per l’acquisto di uno dei nostri campioni, siamo stati abituati ad aggiungere giocatori top-mondo a quelli che già erano in rosa (a volte anche troppo), abbiamo scelto di puntare moltissimo su giocatori-simbolo che potessero comunque portare in alto nel mondo il brand della nostra società.
Questa politica ha avuto come controindicazione quella di trascurare (colpevolmente) il nostro settore giovanile, poiché puntare sui giovani mal si sposava con la necessità, nel brevissimo termine, di vincere e di essere, comunque, competitivi sempre ed ovunque.
Certamente nessuno si è mai preoccupato di contestare questa “politica” societaria, dal momento che tutto passava in secondissimo piano rispetto ai grandissimi risultati che questa proprietà/dirigenza è riuscita a raggiungere.
Quando si vince, tutti i problemi e le preoccupazioni per il futuro sembrano dei dolci e lontanissimi fastidi, dei piccoli pruriti che prenderemo in considerazione solo nel momento in cui tali problemi si materializzeranno davanti.
Ed ecco che all’inizio di Giugno ci ritroviamo in una situazione che mai prima, nell’era-Berlusconi, avevamo vissuto:
la grave crisi economica che ha colpito il pianeta fa sentire i suoi effetti anche nel mondo dello sport.
La proprietà di una squadra di calcio “costosa” come quella del Milan decide che bisogna cambiare strategia:
non più aumenti di capitale a fondo perduto da parte dell’azionista di maggioranza, ma invito a passare ad una gestione societaria che tenga conto soprattutto del bilancio e che permetta alla stessa società di “camminare con le proprie gambe”.
E’ una cosa difficile da digerire per un tifoso abituato ad un “tenore di vita” completamente diverso, ma non esiste nessuno di questi tifosi che, ragionando a mente fredda, se la sente di accusare e rimproverare una dirigenza che decide di mettere in primo piano la sopravvivenza del club (perchè di questo parliamo) rispetto alla spasmodica ricerca del risultato sportivo a tutti i costi.
Non è un reato badare a far quadrare i conti, al contrario è un dovere.
Ed allora prepariamoci alle scelte dolorosissime che questa politica comporta: la cessione del proprio simbolo e giocatore migliore, Kakà, la possibile cessione di altri big (Pirlo?), la riduzione del monte ingaggi generale, la valorizzazione del settore giovanile, ed il puntare su una squadra più fresca e giovane.
E’ una cosa così catastrofica per noi tifosi?
Ma no!
In fondo si tratta di una scelta coraggiosa che avrà in futuro i suoi enormi benefici, una scelta che potrebbe permettere al Milan di anticipare nel tempo quello che tutte le società si troveranno a dover fare in un futuro non lontanissimo e che potrebbe garantire una “rendita di posizione” di cui beneficiare per primi tra le big.
E poi diciamocelo chiaramente: quando ti ritrovi la domenica a trepidare per dei giovani campioncini in cerca di affermazione a livelli altissimi e per dei giocatori che non sono dei palloni d’oro ma che potrebbero diventarlo, allora il tifoso è capace di stringersi ancor di più intorno alla propria squadra, perché ogni conquista ti sembrerà più sofferta, più inattesa e, sicuramente, più bella.
Certo, vincere piace a tutti, ma se per tornare a vincere con serenità e con una società sana, ci viene richiesto di accompagnare dolcemente la squadra attraverso qualche anno di “transizione”, allora siamo disposti a farlo tranquillamente.
Ma allora dove sta il problema?
Il problema sta che la società Milan sta sbagliando in quello che per decenni è stato il suo punto di forza, il suo cavallo di battaglia:
la comunicazione.
Non era forse più semplice presentarsi al proprio popolo e mettere sul tavolo da gioco le proprie carte?
Non era semplice dire ai propri tifosi: “questo è il momento che la congiuntura internazionale ha provocato, questo è il nuovo progetto, questa è la base da cui ripartire per tornare a vincere in futuro, e quindi, in nome della nostra Maglia, condividete con noi il progetto e cercate di stare vicini a questa squadra ed al suo nuovo ed amatissimo allenatore”.
Invece succede qualcos’altro.
Succede che qualcuno fa i conti e dice che il problema non sono i soldi per acquistare i calciatori, ma gli ingaggi.
Ed invece scopri che comincia un girovagare internazionale alla ricerca di un attaccante che non costi più di 15 milioni e non guadagni più di qualche milione di ingaggio.
Che tutti gli attaccanti accostati al Milan in questo periodo hanno caratteristiche tecniche diverse.
E’ chiaro che qualche dubbio sorge.
Ed ancora:
con un blitz degno di nota acquistiamo praticamente “il terzino più forte d’Europa” per 15 milioni di euro.
Il ragazzo non supera le visite mediche ed il Milan non lo tessera più.
E allora cosa facciamo?
Che se non prendiamo Cissokho allora “non compriamo nessun altro terzino, ci teniamo i nostri che sono all’altezza”.
Ed i 15 milioni non spesi?
Boh, per ora sono spariti.
Ed i terzini su cui vuole basare il suo nuovo gioco Leonardo?
Ma quali terzini?
Vanno bene quelli che ci sono.
Vabbè… almeno ci consoliamo con la linea verde: prendiamo Trezeguet!
Trezeguet?
Ma quello della Juve?
Ma non ha 33 anni?
E la linea verde?
Boh.
Pirlo guadagna troppo: dobbiamo venderlo.
Quindi è cedibile?
Sì, ma resta “perché non abbiamo offerte”?
Ma resta perché è incedibile o perché non abbiamo offerte?
Boh, non si capisce.
E Luis Fabiano?
Lo prendiamo perché lo vuole Leonardo!
Ah sì?
E come mai dopo aver fatto un’offerta di 14 milioni non ci si è mai spostati di un millimetro da tale cifra?
Perché diamo l’impressione che la valutazione fatta è volutamente bassa per non concludere l’acquisto?
E perché vendiamo i nostri big per mettere a posto il bilancio e non compriamo nessuno perché tanto “siamo competitivi così!”?
Forse stiamo sistemando i conti perché prossimamente la famiglia Berlusconi vuole vendere la società?
Queste sono solo alcune delle innumerevoli domande che il tifo milanista si pone in questi giorni ed i dubbi che altri hanno, dubbi e domande che non avrebbero motivo di esistere se non ci fosse un silenzio assordante ad accompagnare una mancanza totale di chiarezza iniziale.
Le istruzioni per l’uso impongono di sottolineare che molte, moltissime, delle notizie che vengono fuori in questo periodo sono delle autentiche bufale e sono destituite da ogni fondamento.
Ma è proprio la mancata chiarezza nella comunicazione da parte della società che rende molti tifosi vulnerabili di fronte alle innumerevoli castronerie che vengono sparate da più parti.
I silenzi prolungati di questo periodo stanno facendo aumentare la tensione tra i tifosi ed il timore che la società sia in balìa di una situazione che non aveva programmato per tempo e che ci renderà una squadra di “seconda fascia”.
La cosa peggiore di questo momento è la sensazione che la società ed i tifosi siano due entità separate, due entità che sembra non comunichino tra di loro, proprio quando sarebbe necessario che queste due componenti viaggiassero insieme di comune accordo.
La speranza è che la società abbia le idee chiare, che i nostri pluri-decorati dirigenti non siano diventati degli incapaci tutto ad un tratto e che un pizzico di orgoglio li possa spingere a fare qualche piccolo sacrificio che comunque è necessario per permettere alla squadra di mantenersi tra le squadre europee di altissima fascia.
Tutto questo accompagnato, comunque, dalla applicazione reale della linea verde che tanto ci piace e che siamo disposti ad accettare.
Insomma, caro vecchio Milan, hai ancora un mesetto di tempo per farci capire la strada che intendi tracciare e che noi “dobbiamo”e “vogliamo” percorrere con te!




Ci si chiede dove va il Milan di Silvio Berlusconi post Kakà.

E’ una domanda legittima, quasi naturale, spontanea, che i tifosi rossoneri si pongono nel tentativo di capire quelli che sono gli scenari di un futuro prossimo che pare avvolto, quasi celato, da tenebre oscure e un po’ enigmatiche.

Questo pezzo non ha l’obiettivo di dare una valutazione dell’operato della società in questo mercato poiché se così fosse sarebbe impossibile farlo adesso che il mercato del Milan è ancora in uno stato embrionale, forse di decollo.

L’obiettivo di questo pezzo semmai, è quello di fornire uno spaccato quanto più possibile esaustivo della situazione societaria del Milan dal punto di vista finanziario .

Non è un’impresa semplice visto che la vastità e la moltitudine di eventi che si sono susseguiti negli ultimi quindici mesi non ha una matrice unica e facilmente identificabile, visto che il destino economico-finanziario dell’A.C. Milan è inevitabilmente legato a quello del gruppo Fininvest e della famiglia Berlusconi.

Il gruppo Fininvest infatti è una holding finanziaria che controlla, in quote diverse, Mediaset, Mediolanum, l’A.C. Milan, il Teatro Manzoni e la Mondadori.
Un colosso imprenditoriale con pochi eguali al mondo.

Nell’ anno 2008, il famoso anno nero delle Borse mondiali, il titolo Mediaset ha perso circa un terzo del suo valore.
Un risultato molto negativo sul piano finanziario che ha portato ad una ridefinizione degli investimenti e dei bilanci di Fininvest.

La scelta dei vertici della holding è stata quella di investire, in maniera pesante, sulle azioni Mediaset, in calo in quel momento, ma in ogni caso garanzia nel futuro di sicuri rendimenti dal punto di vista economico.

Pertanto in un momento di recessione economica forte, Fininvest ha deciso di spendere quasi 150 milioni di euro in azioni di Mediaset, ossia la sua principale controllata quotata in Borsa.

Una scelta del genere ha imposto, inevitabilmente, una ridefinizione delle strategie generali del gruppo Fininvest, il quale, necessitando di una certa solidità finanziaria delle società del proprio gruppo, ha imposto come obiettivo il pari di bilancio di tutte le sue controllate entro il 2010.

L’idea della cessione di Kakà nasce da questo scenario, così come l’obiettivo “pareggio di bilancio” divenuto improvvisamente ma non misteriosamente preponderante.

A questi fatti si aggiunge la situazione familiare della famiglia Berlusconi che rende difficile qualsiasi spostamento di capitale, anche minimo, all’interno del patrimonio di famiglia.

Il divorzio chiesto da Veronica Lario al marito, presentato dai media come conseguenza di presunte frequentazioni allegre di Berlusconi, altro non è se non un regolamento di conti all’interno della famiglia Berlusconi, una specie di bomba a orologeria pronta a far saltare da un momento all’altro il lodo Chiomenti.

Che cos’è il lodo Chiomenti?

Si tratta del punto di equilibrio raggiunto, nel 2005, dai figli di Berlusconi, che dispone la divisione del patrimonio di Cavaliere in cinque parti, tante quanti sono i suoi figli.

Dove sta il nodo della questione?

Berlusconi ha cinque figli, due di primo letto, nati dalle nozze con Carla Dell’Oglio e tre di secondo letto, nati dall’unione con Veronica Lario, formalizzata successivamente con le nozze nel 1990.

A giudizio dei primi due figli del Cavaliere, Marina e Piersilvio, la divisione del patrimonio deve avvenire “per matrimonio”, ossia il 50% a loro e il 50% ai figli di secondo letto.

A giudizio di Veronica Lario invece la divisione del patrimonio deve avvenire “per teste”, ossia il 20% ad ogni figlio legittimo, soluzione questa che darebbe la maggioranza delle aziende ai tre figli minori del Cavaliere, inaccettabile per Marina e Piersilvio che fin da ragazzini hanno lavorato all’interno dell’azienda e ritengono di dover avere loro i ruoli di comando e di gestione.

In questa situazione di ridefinizione degli equilibri, il patrimonio è totalmente intangibile e per tale ragione non è possibile pensare a un intervento diretto dal punto di vista economico di Berlusconi in questa sessione di mercato.

Il Milan dovrà fare mercato solo con i propri mezzi e con le proprie possibilità, ovverosia i soldi della Champions, il ricavato della vendita di Pirlo e i soldi risparmiati sugli ingaggi lordi di Kakà, Emerson, Shevchenko, Maldini, Senderos e Beckham.

Esiste poi un terzo aspetto, che può avere rilevanza il chiave futura, forse passato inosservato ma che ha un certo peso in un paese come l’Italia che vive su compromessi economici di piccola o grande entità e che ha al suo interno degli organismi decisivi nell’amministrazione dei flussi economici e nella capacità di indirizzo dei capitali.

Marina Berlusconi infatti dal 1 novembre del 2008 è entrata in pianta stabile nel consiglio di amministrazione di Mediobanca, salotto buono della finanza italiana, vero e proprio snodo del potere finanziario fin dai tempi di Enrico Cuccia; una mossa, certamente calcolata, che può dare a Fininvest nel futuro una solidità economica ed una tutela ancora maggiori.

Un lavoro certosino dunque quello che i vertici di Fininvest stanno conducendo nel panorama economico sia sul piano degli investimenti che delle relazioni, condizionati però da molti contrasti familiari.

Il Milan in tutto questo è costretto, in quanto società controllata dal gruppo Fininvest, a subire le decisioni dall’alto e a programmare il futuro primariamente dal punto di vista economico prima ancora che dal punto di vista tecnico.

Gli obiettivi della riduzione dei costi, di un rientro del livello degli ingaggi, di valorizzazione del vivaio, non sono solo e soltanto le conseguenze di alcune scelte sbagliate della dirigenza negli ultimi anni in sede di acquisizioni sul mercato e di rinnovi contrattuali a cifre iperboliche.

Si tratta anche e soprattutto di un’inversione di tendenza dettata da una nuova era dell’economia, alla quale Fininvest ha imposto di adattarsi in maniera camaleontica, repentina e quasi forzata.

Il Milan oggi vive un’inevitabile fase di passaggio, che va gestita, governata, capita e modulata con scelte sagge e funzionali a un progetto sia economico (contenimento dei costi) che tecnico (squadra più giovane e fresca).

Il prossimo mese sarà uno dei banchi di prova più duri, in ottica mercato, al quale verrà sottoposta questa dirigenza.
Galliani e Braida lo sanno bene e la scelta di un allenatore come Leonardo, che fino a ieri occupava una scrivania dirigenziale, è una precisa conferma di tutto questo.

1 commenti:

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